martedì 21 ottobre 2014

IL GIOVANE FAVOLOSO (film), di Mario Martone, Italia 2014

Ci sono cose sulle quali un film non si dovrebbe mai fare. Una di queste è senz'altro la poesia. Qualcuno doveva dirglielo, al bravo Mario Martone. Poi c'è la vecchia verità che conoscere di persona un grande scrittore spesso si rivela una delusione. Per la stessa ragione non sarei dovuto andare al cinema ad incontrarmi col Leopardi personaggio di cinema, ieri sera. Invece ci sono andato. E come prima osservazione dirò forse la cosa più facile: due ore e mezzo di cinema su un tema così possono stroncare chiunque, anche il pazientissimo estensore di queste righe. La storia parte da lontano, dal Leopardi fanciullo nel palazzo avito. Fratello giocherellone, sorella troppo bella per il suo destino semiconventuale, madre manico di scopa e padre che ripone sul figlio ambizioni smisurate e un amore possessivo. Una ragazzotta si affaccia di fronte, ma presto morirà e buonanotte suonatori. Non manca la gita alla siepe, con la cinepresa che sbircia e traguarda ma a noi, dell'infinito, non comunica proprio nulla. Recanati è una vera prigione, il padre si mette di traverso fra l'ormai lanciato intellettuale Giacomo e i suoi nuovi amici letterati; la fuga notturna non va a buon fine... Il ragazzo diventa lentamente deforme ma cresce nel pensiero, nella poesia e nella fama. Un montaggio poco conseguente sposta improvvisamente Leopardi a Firenze, non si sa come. Ma anche la città del Vieusseux e degli intellettuali non gli giova. Si passa dunque a Napoli, al suo popolino verace e gagliardo, alla vita corporale che è tutta una sorpresa per il povero gobbo. Compreso il lupanare, dove però lo sfogo dei sensi, neppure quello riesce. Molti dialoghi ricalcati su testi dell'epoca, in un bell'italiano forbito. Ogni tanto una poesia, recitata però con eccessiva abbondanza di sospiri e sofferenza, senza alcun rispetto per la bellezza del risultato finale, che è fatto anche di suoni, di metrica e di rime. In conclusione, non un film veramente brutto, ma affollato, questo sì purtroppo, di buone intenzioni e di luoghi comuni, mal montato, che procede per quadri e episodi fra loro scollegati, fra residenze esagerate, tipo Versailles; e così intollerabilmente lungo, per una vita tanto breve... E finisce per diventare davvero un cattivo servizio ad un uomo come Giacomo Leopardi, che seppe mediante la filosofia e la scrittura poetica sollevarsi dal suo infelice destino e volare altissimo, ma che il film riporta a terra, riconsegnandolo senza pietà alla sua condizione di disabile e depresso. Non è Leopardi, quello del film, è solo un povero infermo; il regista non ci dice nulla di lui, di lui sul serio. Rileggiamoci piuttosto qualcosa di suo, che so, lo Zibaldone, e la sua figura, altro che gobbo, tornerà ad apparirci com'è diventata: quella di un gigante dell'umanità!

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