domenica 16 gennaio 2011

La bellezza dell'asino (film), di e con Sergio Castellitto

Non ho parole, lo confesso. Ieri sera non vedevo l'ora di uscire dal cinema e adesso mi manca la voglia di occuparmi di questo inutile e insopportabile film.
Ricavato da un soggetto di Margareth Mazzantini, scrittrice di successo e moglie dello stesso Castellitto, il film è un impasto colloso di luoghi comuni, umorismo a buon mercato e veri e propri ricalchi da altri film.
Castellitto, nella veste di attore, è un architetto romano evidentemente di successo: grande casa, bella moglie e bella macchina. Le sue spine nel fianco sono una figlia diciassettenne che cerca di districarsi dall'abbraccio asfissiante suo e della mamma (sbaglierò ma mi sembra di averne già sentito parlare) e una governante polacca che sembra un ufficiale delle Schutzstaffen. Dimenticavo, l'altra spina è l'età: ossessionato dai cinquant'anni cerca di allontanare da sé lo spettro dell'invecchiamento. E ce la mette tutta, poveretto: si fa l'amante, solleva pesi, si veste da giovanotto.... una patetica macchietta, lui con i suoi due sodali e coetanei, ognuno coi suoi tic e le sue miserie. Tutto patetico, anche l'incapacità degli autori di scrivere qualche dialogo decente.
La moglie, una Laura Morante sempre fotocopia del film precedente, fa la psicanalista. E giù con le solite tiritere sull'inconscio, sui pazienti che adorano calarsi i pantaloni, sulle terapie, sulle nevrosi dello stesso terapeuta. Tutta ottima materia per sketches pseudo-comici e battutacce... Figuriamoci se mi metto a difendere la psicanalisi, con l'opinione che ne ho; ma a vedere il film quasi mi vien voglia di farlo!
La figlia cerca scampo da simili genitori in rifugi estremi (droghe escluse, beninteso: qui siamo nel politically correct ed anzi è il padre a farsi di spinello e lei a deplorare, ma che brava!). Alla fine porta a casa un inebetito Enzo Iannacci in veste di fidanzato settantenne, che è il motore (immobile, per la verità) della trama. Uno scandalo! I genitori strabuzzano gli occhi e danno di matto.
Lo scandalo però, e questo aiuta, capita in una gran villa di campagna, mi sembra in Umbria tanto per essere originali, dove i "coniugi Castellitto" hanno radunato, ma guarda un po', tutti i personaggi precedentemente visti nel film, compresi i pazienti pazzi di lei. Così da fornire in abbondanza situazioni presunte comiche.
Il tutto mentre un asino solitario, dal campo di fronte, sta lì a fare le cose sue, ovvero niente.
Genitori inetti e autoreferenziali, psicanalizzandi cretini, figli e figliastri ebeti o troppo in gamba per i genitori, la cameriera nazista e lo pseudo-guru Iannacci, nonché un pitone scambiato per cobra, tutti iniziano a esprimersi al meglio delle scarse loro possibilità fra parolacce di dubbio gusto e gags deprimenti anche se capaci talvolta, non so proprio come, di strappare al vicino di cinema una risata sgangherata.
Quanto a Iannacci se la cava con poco: il suo ruolo di guru consiste in poche parole biascicate. Le sue pensose banalità più che all'intelligenza al massimo attingono al buon senso, e spesso neppure a quello: mitico quando, in un soprassalto di dignità, lui settantenne spiega alla minorenne che è meglio lasciarsi. Che classe squisita, che nobiltà d'animo! Non prima di essersela perlomeno baciata, però...
E l'asino? Si limita a guardare di sottecchi, anzi spesso neppure quello. Qualcuno lo carezza, lui non fa una piega. Esattamente ciò che dovremmo fare noi, se non fossimo spinti al cinema dalla pubblicità.