venerdì 29 settembre 2023

JEANNE DU BARRY - LA FAVORITA DEL RE (film), di Maiwenn, Francia 2023

 Che cosa deve essere adattato, degli usi e costumi di un'epoca antica, per renderli digeribili al pubblico delle sale di oggi?

Intanto bisogna rappresentarne soltanto gli eccessi, per suscitare stupore e sorrisi. Ecco allora la comica sveglia del Re, le ridicole pantomime delle marce indietro senza dar le spalle al sovrano (e a me, francamente, viene il dubbio che siano un'invenzione di sana pianta della regista, o almeno una forte calcatura di mano).

Poi i personaggi vanno messi in burletta. E' vero, il Settecento della corte francese fu un secolo di eccessive formalità e baloccamenti, di vitini di vespa faticosamente trattenuti, di fasti esagerati, di personaggi impresentabili che a corte però c'erano per nascita. Ma la regista esagera a sua volta, perdendo di vista sicuramente la verità delle cose e la verosimiglianza. Le figlie del re, più o meno senza distinguo, recitano tutte assieme una loro modesta particina di scandalizzate in servizio permanente effettivo. Sembrano le sorellastre cattive di Cenerentola, obbligate come sono dalla regista a sgranare gli occhi, a spalancare le bocche, a pronunciare parole cattivissime o piene di mal riposto sarcasmo. Lo stesso identico schema si trovava anche, a ben ricordare, nel (brutto) film Victoria e Abdul, a sua volta stroncato altrove su questo blog. 

La figura del coniuge Du Barry, a mio parere, meritava un approfondimento psicologico maggiore rispetto al cliché del povero cornuto offertoci dal film. 

Questo riguardo al contesto in cui la vicenda si svolge. Bisogna adesso parlare dei due personaggi principali, anzi tre. 

Sì perchè la nota più positiva, per me, è rappresentata da Pierre Richard nella parte del Duca di Richelieu, confidente e preparatore atletico della Madama. Non so, a me ha ricordato il maitre d'hotel di Pretty Woman: una recitazione accattivante e di buon gusto. 

Positiva anche la prova di Johnny Depp: intanto perché parla in francese. Posso confermarlo, salvo effetti speciali, avendo assistito ad una proiezione in versione originale. Poi il suo personaggio è vagamente sornione (chiaro, essendo Depp....), ma sempre misurato.

I guai cominciano con Maiwenn. Posso capire che la regista abbia scelto se stessa come protagonista, spinta da una elevata considerazione del proprio fascino; però a me, spettatore neutrale, quel fascino non è parso assolutamente né sufficiente né tipologicamente adatto a rendere verosimile la vicenda narrata. Maiwenn somiglia più a Elly Schlein che a una Du Barry.

Il problema, con certi film in costume storico, è che nulla è storico davvero. Inoltre, i costumi sfarzosi non riescono a coprire una sostanziale carenza di idee, laddove fra clamorosi scenari si svolge una vicenda che si poteva anche non raccontare.

BARBIE (film) di Greta Gerwig, USA 2023

 Vorrei tanto scrivere una recensione completa su questo Barbie, ma purtroppo non posso: il fatto è che poco dopo l'inizio del film il sonno ha preso il sopravvento. Ogni tanto mi sono ridestato di soprassalto a causa dei rumori, più che altro fastidiosi, che provenivano dalla scena, ma poi tornavo irrimediabilmente a dormire.

Di quello che riesco a ricordare, c'è poco da dire: è una mielosa storiella edificante che mette insieme tutto: femminismo, inclusione, lotta ai pregiudizi ("bias" li chiamano quelli che la sanno lunga)...

La dinamica fra i personaggi è sorretta e dominata da pochi pregiudizi all'incontrario, spacciati come nobili principi. La regista vuole far credere di lavorare contro i luoghi comuni: ad esempio contro il luogo comune cinematografico (già ai tempi del western) del cattivi-brutti e dei buoni-belli, qui c'è la Weird-Barbie che risulta personaggio positivo; ma quante palate di effetti speciali, quante allusioni alle fiabe, quante spiegazioni al consumatore per farla accettare come tale! 

Poi i cavalier-serventi dei siti di commenti trovano originali, in quanto autoironici, certi passaggi della vicenda. Mai visto un film tanto prevedibile, soprattutto quando prova a fare l'imprevedible...

Colori caramellosi diventano quasi protagonisti, con vari ammiccamenti a filmetti di seconda categoria. Gli ingredienti sono di facile digestione, ma hanno sempre un'etichetta di pensosa autoironia che assolve lo spettatore. L'approccio ingenuo è coperto e reso intelligente, senza che lo spettatore abbia fatto nulla in proposito.

Basta, non ho altro da dire, vorrei soltanto dimenticarmi di questo film noioso oltre che insopportabile!

venerdì 16 giugno 2023

IL SOL DELL'AVVENIRE (film) di e con Nanni Moretti, Italia 2023

 Per scrivere dell’ultimo film di Nanni Moretti devo accantonare la personale antipatia per il Nanni, che rischia di intorbidare il mio giudizio sull’opera.

Ci provo, e mi concentro sugli elementi obiettivi.

Quella di Moretti non è recitazione, è una lettura del copione parola per parola, lentamente, come da parte di uno che ci vede poco. Se lo fa apposta, ce ne dica almeno i motivi…

E quelle di Moretti da altri film non sono citazioni ma copie belle e buone. Non sempre da film di primo piano. Ad esempio, la figlia che sgomenta i genitori con un fidanzato più vecchio di loro non è nuova, ma il precedente non era proprio granché: era in La bellezza dell’asino, mediocrissimo film di e con Castellitto qui stroncato qualche anno fa. C’era bisogno di citarlo? Il ricorso a personaggi autorevoli a supporto delle proprie idee, contro quelle dei vicini, richiama il Woody Allen in attesa di entrare al cinema in Io e Annie. Rifare una gag non è omaggiare, è copiare! Margherita Bui, poi, copia sempre se stessa, nel senso che recita sempre la solita parte di donna schizzata, in cura dallo psicologo. E giocare al Fellini è facilissimo: basta un circo un po’ surreale, una bella banda, e il gioco è presto fatto.

La politica: Ma pensa, non ci ricordavamo che l’invasione dell’Ungheria avesse suscitato proteste tanto spontanee nella base popolare del PCI. Ci sembrava che la reazione, che pure un po’ ci fu, fosse appannaggio di qualche deputato, di qualche onesto intellettuale (il "Manifesto dei 101", mai pubblicato da L'Unità). Ma poi il finale del film, soltanto un sogno falso come tutti i sogni, in cui il PCI condanna ufficialmente l’invasione, non sarà preso per vero dai ragazzi di oggi, ignari di come invece andò quella storia?

E ancora sul finale: il Moretti che alza le braccia e danza in una sequenza liberatoria e consolatoria, non è inverosimile? E’ vero o no che quel finale è appiccicato con lo scotch? E che l’evasione irrazionale auspicata dal Moretti risulta inapplicabile a lui almeno quanto l’esito felice della questione politica lo era per il PCI?

Non parliamo poi dell’incontro con gli inviati di Netflix! Come avrà potuto Netflix permettere l’uso del proprio nome, in quel contesto? Perché gli inviati sono meno che burattini, e quella loro formuletta la ripetono con tanta esagerata insistenza da togliere alla scena qualsiasi vis comica.

Ma non è l’unica esagerata insistenza su un particolare. Un’altra si riscontra nella scena del Moretti che blocca le riprese di un omicidio, nel film finanziato dalla moglie. Comincia bene, ma poi si dilunga, non la fa più finita, come se il Moretti temesse di non farsi capire. Certo, l’opinione che il Moretti ha del pubblico è assai modesta, si sa; ma quando si vuol spiegare tutto, anzi troppo, la comicità va a farsi benedire!

Insomma il pubblico è ignorante. Va pazientemente istruito, e Lui lo sa: bisogna spiegarsi bene, parlare pian pianino, copiare scene già viste, evitare metafore troppo complicate, fornire versioni edulcorate della storia; e poi condire tutto con felliniana melassa, magari un po’ rivisitata (ah quel giro per Roma, non più nella emblematica Vespa morettiana, ma in monopattino... pure il Moretti si aggiorna!).

Anche no, come si dice oggi.

domenica 21 maggio 2023

LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (film) di Pupi Avati, Italia 2023

 Uno sconfitto, un vecchio che non ha avuto successo con la musica, va a trovare un vincente, l’ex compagno di band giovanile che ha abbandonato i sogni per diventare super manager bancario. Gli propone di ricostituire per una sera la band. L’altro rifiuta e incassa insulti dall’ex amico, ma si scopre che ha un figlio col cancro, che difatti di lì a poco morirà in ospedale. Al che, il bancario si butta nella tromba delle scale suicidandosi. Sono soltanto le prime di una serie di disgrazie che il film ci propina fino ai titoli di coda. Anche la giovane e bella sposa del sognatore si ammala di cancro, all’utero. Pensando a una gravidanza ricorre a un medico compiacente per l’aborto, ma la verità emerge e allora anche lei si ritrova in ospedale: inizia la chemio e perde i capelli, nonché il lavoro da mannequin. Il sognatore intanto ci sta poco con la testa: ha patetici colloqui, anche questi in ospedale, col fantasma del padre morto in gioventù, ma soprattutto spia la mogliettina mentre sfila per la casa di moda, e in preda a violente crisi di gelosia aggredisce in bar e ristoranti certi presunti insidiatori della moglie. Per cui ecco la tragica separazione, con lei che per vendetta va a uno squallido convegno sessuale con l’amico di successo. Tanti anni dopo l’irriducibile sognatore, ritrovata al funerale del suicida la ex moglie ormai anziana, se la prende di nuovo con un ignaro giovanotto vicino di tavolo. Finisce con la testa fracassata, e il film si trasferisce per l’ennesima volta all’ospedale.

Veramente troppa sfiga… e difatti a questo punto, in sala, alcuni spettatori sono sbottati in risate liberatorie, probabilmente in più casi accompagnate da irriferibili gesti apotropaici. Alle quali risate, beninteso, ha partecipato anche l’estensore di queste righe.