giovedì 17 marzo 2011

IL CIGNO NERO (BLACK SWAN), film di Darren Aronofsky, USA 2010

"Film vietato ai minori di 14 anni", ammonisce il cartello all'ingresso del cinema. Eppure, è chiaro che il target di Aronofsky è un pubblico di imberbi. Imberbi e minus habentes, si direbbe. Che cosa si fa, infatti, con gli sprovveduti? Si deve spiegare tutto, sin nei minimi particolari. E così si affanna a fare Aronofsky con noi: già all'inizio, il direttore di una compagnia di ballo, interpretato da Vincent Cassel, si rivolge alle ballerine (ma indirettamente a noi) e riepiloga la trama del Lago dei Cigni. Ed è piuttosto ridicolo, visto che tutte le ballerine da che mondo è mondo crescono a pane e cigni.... (e guarda caso, le critiche al film delle ballerine di professione sono state più che severe).
E' in ballo la scelta della nuova étoile che interpreterà sia cigno bianco che cigno nero nella nuova messa in scena. Il direttore vuole dunque un'interprete in grado di essere a un tempo virginea e provocante, angelica e sulfurea. La scelta, quasi per irridente provocazione, cade su una poveretta (Natalie Portman), che per essere vergine lo è eccome, vittima di una madre possessiva e asfissiante, ma per essere anche seduttrice, per diventare cigno nero, di strada ne deve fare parecchia.
E così palcoscenico e vita vera si attorcigliano attorno alla neopromossa prima ballerina. Il fatto è che, pur bravissima, è troppo inibita: la madre, ex ballerina fallita, ripone in lei tutte le proprie ambizioni e la vizia tragicamente con attenzioni eccessive, enormi pupazzi di pelouche e perfino un carillon per addormentarsi. Troppo: ovunque si giri, Aronofsky calca la mano quasi dubitando che il pubblico possa non capire. E quando Cassel spiega alla Portman che avrà la parte solo se riuscirà a vincersi, le parole utilizzate sono esplicite che più esplicite non si potrebbe e le mani si allungano, tanto per ribadire il concetto, in parti assai intime della ragazza. A scanso di ogni equivoco.
Dunque vita e musica si confondono, e viene in mente un film del tutto diverso come Il Concerto; ma quello era un film magari non riuscitissimo ma di spessore, con vari registri, dal comico al drammatico... Qui invece tutto è soltanto maledettamente serio.
La prima del balletto incombe, le prove fervono e la ragazza è perfetta ma ancora algida. Chiaramente le manca qualcosa: il sesso. Per fortuna entra in scena una collega dalla sensuale femminilità che le scioglie nel bicchiere una certa polverina evidentemente molto, molto effervescente. Le inibizioni crollano d'un colpo, assieme al rispetto per la madre bacchettona. Nel locale notturno, dove le due imbroccano altrettanti ragazzotti, i bagni sono fatti per accoppiamenti frettolosi e voraci, sotto l'effetto delle pasticche e dell'alcool; ma loro finiscono a casa e sbarrano l'uscio alla mamma, dopodiché una scena saffica lascia, anche qui, ben poco all'immaginazione. Salvo poi scoprire che era tutto un sogno. Già perché, oltre al sesso, alla ragazza manca anche qualche venerdì: le allucinazioni si confondono con la realtà e ciò che si vede non sempre accade davvero. E' così che il regista ha modo di esagerare un'altra volta: succo di pomodoro a sfare, accoltellamenti, suspence ovunque a profusione, tanto per non lasciarci, neppure qui, dubbio alcuno; e poi palate di psicanalisi d'accatto, fra conflitti con la madre e l'autolesionismo di una poveretta che si spella le unghie e la schiena per farsi del male.
E così l'iniziazione della ballerina, la sua ascesa al genio artistico non passano, come il direttore mandrillo aveva inteso, dall'emancipazione sessuale, ma dal dilagare della follia.
Finisce con l'apoteosi della "prima", con lei che conquista il pubblico con una incarnazione del cigno nero non soltanto tecnica ma integralmente fisica, tanto che dalle spellature le escono piume nere e lei, danzando, si trasforma in un cigno color catrame. Par di rivedere La mosca, quel film di tanti anni fa dove il protagonista scienziato, per un errore, si trasformava via via in un orribile insetto, con tanto di setolacce nere. Ma lì sì che c'era vera angoscia!
Qui invece si ride, parola mia: ridevo io ma ridevano anche altri in sala, quando non occupati a tapparsi gli occhi di fronte all'attrice che si strappava le unghie, le piume e cose del genere. Ridevano sì: magari non i minus habentes in target; ma gli altri, quelli che non sentivano voglia di imparare alcunché da questo regista, non potevano proprio trattenersi.