venerdì 16 giugno 2023

IL SOL DELL'AVVENIRE (film) di e con Nanni Moretti, Italia 2023

 Per scrivere dell’ultimo film di Nanni Moretti devo accantonare la personale antipatia per il Nanni, che rischia di intorbidare il mio giudizio sull’opera.

Ci provo, e mi concentro sugli elementi obiettivi.

Quella di Moretti non è recitazione, è una lettura del copione parola per parola, lentamente, come da parte di uno che ci vede poco. Se lo fa apposta, ce ne dica almeno i motivi…

E quelle di Moretti da altri film non sono citazioni ma copie belle e buone. Non sempre da film di primo piano. Ad esempio, la figlia che sgomenta i genitori con un fidanzato più vecchio di loro non è nuova, ma il precedente non era proprio granché: era in La bellezza dell’asino, mediocrissimo film di e con Castellitto qui stroncato qualche anno fa. C’era bisogno di citarlo? Il ricorso a personaggi autorevoli a supporto delle proprie idee, contro quelle dei vicini, richiama il Woody Allen in attesa di entrare al cinema in Io e Annie. Rifare una gag non è omaggiare, è copiare! Margherita Bui, poi, copia sempre se stessa, nel senso che recita sempre la solita parte di donna schizzata, in cura dallo psicologo. E giocare al Fellini è facilissimo: basta un circo un po’ surreale, una bella banda, e il gioco è presto fatto.

La politica: Ma pensa, non ci ricordavamo che l’invasione dell’Ungheria avesse suscitato proteste tanto spontanee nella base popolare del PCI. Ci sembrava che la reazione, che pure un po’ ci fu, fosse appannaggio di qualche deputato, di qualche onesto intellettuale (il "Manifesto dei 101", mai pubblicato da L'Unità). Ma poi il finale del film, soltanto un sogno falso come tutti i sogni, in cui il PCI condanna ufficialmente l’invasione, non sarà preso per vero dai ragazzi di oggi, ignari di come invece andò quella storia?

E ancora sul finale: il Moretti che alza le braccia e danza in una sequenza liberatoria e consolatoria, non è inverosimile? E’ vero o no che quel finale è appiccicato con lo scotch? E che l’evasione irrazionale auspicata dal Moretti risulta inapplicabile a lui almeno quanto l’esito felice della questione politica lo era per il PCI?

Non parliamo poi dell’incontro con gli inviati di Netflix! Come avrà potuto Netflix permettere l’uso del proprio nome, in quel contesto? Perché gli inviati sono meno che burattini, e quella loro formuletta la ripetono con tanta esagerata insistenza da togliere alla scena qualsiasi vis comica.

Ma non è l’unica esagerata insistenza su un particolare. Un’altra si riscontra nella scena del Moretti che blocca le riprese di un omicidio, nel film finanziato dalla moglie. Comincia bene, ma poi si dilunga, non la fa più finita, come se il Moretti temesse di non farsi capire. Certo, l’opinione che il Moretti ha del pubblico è assai modesta, si sa; ma quando si vuol spiegare tutto, anzi troppo, la comicità va a farsi benedire!

Insomma il pubblico è ignorante. Va pazientemente istruito, e Lui lo sa: bisogna spiegarsi bene, parlare pian pianino, copiare scene già viste, evitare metafore troppo complicate, fornire versioni edulcorate della storia; e poi condire tutto con felliniana melassa, magari un po’ rivisitata (ah quel giro per Roma, non più nella emblematica Vespa morettiana, ma in monopattino... pure il Moretti si aggiorna!).

Anche no, come si dice oggi.