giovedì 3 gennaio 2019

CAPRI-REVOLUTION (film) di Mario Martone, Italia-Francia 2018

Col regista Mario Martone ce l'ho dai tempi del Giovane favoloso, film su Leopardi tanto fastidioso quanto sopravvalutato, di cui mi sono occupato più indietro in questo blog. Con i critici e i recensori cinematografici ce l'ho invece da quando sono uscito da questo Capri-Revolution. Mi dovevano mettere sull'avviso! Perché farmi credere che avrei visto un film sulla Capri dei rivoluzionari russi, che in effetti animavano la vita sociale dell'isola con appassionati dibattiti politici e culturali? Gorkij, lo stesso Lenin ed altri trovarono a Capri il clima ideale, una corte di ammiratori e seguaci, ed anche una relativa, forse interessata distrazione da parte dei governi italiani dell'epoca e delle loro spie. Ho creduto che a questo alludesse il titolo del film, ma mi ingannavano! In tutto il film c'è solo un dialogo in russo, di pochi secondi. Il resto è tutt'altro. La rivoluzione del titolo non è politica, è un esperimento di comune, non so quanto reale e quanto inventato, tentato da un gruppo di smandrappati molto somiglianti ai figli dei fiori di oltre 50 anni dopo. Gli smandrappati girano nudi fra scogli e caverne, si accoppiano in riti improbabili, magari anche davvero celebrati in quelle epoche di tensione al sublime, ma che rivisti ora al cinema fanno solo ridere se non fanno compassione. La popolazione caprese guarda ai giovanotti del Nordeuropa, biondi e aitanti come di prammatica, con un sospetto che definirei comprensibile, se non condivisibile. Ma le bionde nudità esercitano un certo fascino su una pastorella caprese. Nel ruolo lei si sente stretta: le pratiche esoteriche la attirano più delle caprette. Il biondo leader svedese sempre a torso nudo è più intrigante del promesso sposo rachitico cui i fratelli-padroni vorrebbero destinarla. Riti e accoppiamenti si susseguono, balletti (non russi ma rosa) vengono organizzati nello scenario della scogliera. La ragazza è sempre più coinvolta e sempre più ribelle a famiglia, capre e cavoli. Di li a poco, in men che non si dica, ha già imparato l'arte del ballo, l'inglese e la teosofia. Niente male per una pastorella. Poi irrompe la grande guerra. Per il fronte partono i pastori capresi, mica i teosofi nudi. Come finisce non lo dico solo perché non è necessario. Nessun colpo di scena. E prima di arrivare alla conclusione ce ne vuole! C'è tempo anche per un sonnellino fra i tanti inutili fotogrammi di questo inutile film candidato a un rapido dimenticatoio.