martedì 31 marzo 2015

Latin Lover, film di Cristina Comencini, Italia 2015

Quante volte, a proposito della scombicchierata produzione cinematografica italiana di questi anni, a difesa dei nostri modesti cineasti si è detto: la realizzazione non è granché, ma l'idea era carina. Nel caso di Latin Lover, ultima fatica di Cristina Comencini, il film si avvale di alcuni interpreti d'eccezione, fra cui la compianta Virna Lisi; e pur tuttavia non decolla mai da quel malefico provincialismo che ci condanna alla marginalità sulle scene del cinema mondiale: colpa soprattutto di dialoghi banali, capaci, in questo come in tanti altri nostri film, di affossare le capacità dei migliori talenti recitativi nazionali (peraltro assai pochi). Mi domandavo, mentre soffrivo sulla poltrona del cinema, in che cosa i dialoghi dei film italiani siano sbagliati. Ebbene, questo della Comencini è talmente esemplare che forse me l'ha fatto capire. I dialoghi sono innaturali almeno per due motivi: sicuramente per l'incongruenza fra azione e reazione, fra botta e risposta, per cui a una battuta normale segue una reazione spropositatamente emotiva o non pertinente. Ma soprattutto, i dialoghi soffrono di troppa lunghezza: somigliano molto ad una somma di monologhi, e ogni monologo non è naturale, non è spontaneo, suona falso; e inoltre fa cascare la palpebra. O peggio ancora, rischia di scivolare nel melodrammatico o nel moralista. Che Dio ci scampi! Per fortuna almeno l'idea c'era, si sarebbe tentati di ripetere. Due vedove e cinque figlie di un (peraltro inverosimile) grande attore scomparso si ritrovano in un paesino della Puglia per commemorarlo. Peccato che l'attor morto ce lo facciano vedere per tutto il film, mentre magari se non l'avessimo visto lui (con quella faccia melensa) ci avrebbe guadagnato in credibilità, e la storia ne avrebbe guadagnato in suggestione. Gelosie, interazioni, misteri inconfessabili che rifanno capolino dal passato nelle nevrosi che hanno provocato; incroci pericolosi, e tutto quanto ancora, potrebbe sembrare un'originale miscela di elementi, tendenzialmente teatrali. Eppure... mi ricorda qualcosa, qualcosa di molto più carino e riuscito. Ma che cosa? Ma certo, Otto donne e un mistero! E vabbè, diciamocelo, la Comencini non è François Ozon, gli ha solo scopiazzato l'idea centrale, per farne un film peggiore. Quanto spreco...

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