venerdì 10 dicembre 2010

TOSCA, di Giacomo Puccini, Dir. Zubin Mehta, Firenze,Teatro Comunale, dicembre 2010

Sarà che mancano i soldi, sarà qualcos'altro, ma la Tosca vista al Comunale di Firenze lascia molto insoddisfatti. Il 9 dicembre, prima di iniziare, uno sconsolato direttore artistico si affaccia ad aggiornare il bollettino dell'infermeria. Questa volta è Giovanni Meoni, Scarpia, a sentirsi poco bene e ad aver bisogno della benevolenza degli spettatori. Tanto che durante la rappresentazione beve in continuazione (vino?) e alla fine neppure esce a prendersi gli applausi. Eppure è risultato forse il migliore, accanto a una brava ma trasparente Adina Nitescu (Tosca).
Gravemente insufficiente è apparso Misha Didyk nella parte di Cavaradossi: veramente a corto di voce, soprattutto all'inizio.
Le scene sono classiche e non dicono gran che. Solo l'interno della chiesa romana di S. Andrea della Valle, nel primo atto, presenta una cupola messa di tre quarti molto interessante. Per il resto, solo riproduzioni identiche, nessuna novità, nessun colpo di genio, neppure un tentativo.
Zubin Mehta è un grande: talentuoso, leader vero, simpatico e capace di adattarsi, accetta tutto, anche la scarsezza di mezzi e la pochezza degli interpreti, orchestra compresa. Si sa che non è colpa sua e viene da ringraziarlo per questo mettere a repentaglio la sua immagine restando a Firenze a dirigere un Maggio dimesso, ormai ridotto a manifestazione marginale.
Marginale? Sì, e lo si vede da tutto: il teatro Comunale ha i muri di un color giallo sporco, dalle crepe trasuda umido e muffa. Ormai come edificio è abbandonato al suo destino, in vista della imminente demolizione: al suo posto si costruiranno dei condomini, mentre il nuovo teatro dovrebbe sorgere alla Stazione Leopolda, speriamo bene....
Ma il più chiaro testimone di questa decadenza è il pubblico: schiere di ragazzini delle scuole armati di i-phones, turisti stranieri reclutati tramite agenzie on line... per carità, mica vogliamo fare gli snob; ma questo tipo di pubblico la dice lunga sul target attuale del glorioso Maggio Musicale Fiorentino e anche su Firenze come piazza culturale nel terzo millennio. Il sipario, alla fine, si chiude fra applausi standard e largamente inconsapevoli, si chiude su una nuova mediocre puntata di una manifestazione in evidente crisi.

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