mercoledì 14 luglio 2010

Affetti e dispetti (La nana), di Sebastian Silva, Cile 2010

Sarà che sono rammollito, ma non me la sento di stroncare questo Affetti e dispetti.
Il titolo italiano serve ad evitare l'equivoco che si sarebbe creato da noi col titolo originale: La Nana, infatti, in spagnolo significa qualcosa come "la tata".
Raquel è la domestica full time di una famiglia benestante minata da una serie di carenze: il padre è un deficiente integrale che, spesso di nascosto dalla moglie, si divide fra golf e modellismo, incapace di fare altro; un figlio pare che abbia il vizio dell'onanismo (o sarà un'invenzione della cameriera?). I bambini, carini per carità, starnazzano in continuazione e smuovono gli oggetti per la casa, che poi Raquel deve ripetutamente rimettere a posto.
La vita di Raquel, che è entrata in casa ragazzina e adesso si ritrova quasi vecchia, scorre a ritmi incalzanti, quelli necessari affinché i ritmi dei familiari siano invece ben più che rilassati. Colazioni a letto, bambini da instradare a scuola, letti da rifare, bagni da pulire, pranzi e cene da preparare e servire... Il mal di testa incalza Raquel, rende necessaria l'assunzione di pillole in quantità industriale. Finché tutto crolla e crolla Raquel stessa, rotolando svenuta dalle scale. Al secondo svenimento la premurosa ma algida padrona di casa decide di assumere una seconda cameriera. Raquel, che sente in bilico il proprio ruolo, quel suo sentirsi parte della famiglia che per lei è tutto, frigge dalla gelosia e alla malcapitata riserva un trattamento tale da convincerla a darsela subito a gambe: la chiude fuori di casa, pulisce il bagno con l'ammoniaca ogni volta che quella ci entra, la critica aspramente per mancanze inesistenti...
La cosa si ripete per ben due volte. I dispetti varcano il limite della paranoia e la salute di Raquel non migliora. Quand'ecco, alla porta appare Lucia, tutt'altra pasta. Con un ribaltamento non del tutto spiegato né del tutto verosimile, Lucia fa breccia rapidamente nel cuore di Raquel, ne diventa amica, la porta a casa propria per Natale, le fa persino provare, pur in modo parziale, tragicomico e subito bloccato, il sesso con uno zio.
La vita è avara: Lucia deve andarsene, ma il tesoro di umanità che ha elargito non è fugace e Raquel è pronta per una nuova fase dell'esistenza.
Nonostante che il film si attardi un po' troppo sulla fase dei "dispetti", che poteva essere più sfumata, la storia funziona abbastanza. I protagonisti recitano benissimo (Catalina Saavedra è stata premiata a Torino per la sua interpretazione di Raquel) e non c'è niente da dire. Aleggia un po' tuttavia la sensazione di un film dalle belle promesse non mantenute. Di un'occasione mancata, per come il coltello avrebbe potuto essere affondato e invece ha soltanto lasciato dei graffi. Si esce dal cinema, insomma, con l'aria di chi sa che farà presto fatica a ricordarsi la storia.
Onore comunque a un regista bravo nella scelta delle facce, attento ai dettagli (Lucia che arriva in famiglia per lunghi minuti non viene inquadrata direttamente, come se noi la percepissimo con i sensi di Raquel). Ne avessimo così, da queste parti!

Nessun commento:

Posta un commento