domenica 3 novembre 2024

PARTHENOPE, di Paolo Sorrentino (Italia 2024)

 Il sempre sopravvalutato regista Paolo Sorrentino torna a Napoli due anni dopo E' stata la mano di Dio, ma lo fa con un film così sorrentiniano da perdersi per strada Napoli, il buon senso e anche il buon gusto. Sì, perché i vizi, i tic nervosi di Sorrentino qui ci sono tutti, profusi a iosa in un collage di riprese caramellate che nulla lasciano trasparire della verità. Ciò che qui si mostra è invariabilmente bello, e se anche è brutto è pur sempre ricoperto da una glassa di fotogenica ricercatezza, stucchevole e ripetitiva.

Prendiamo i volti maschili: tutti sono esteticamente impeccabili, direi muliebri. 

E le donne? La protagonista è giovane e carina (salvo nel finale, dove è interpretata da una Stefania Sandrelli da troppi anni nella stessa parte di ex bella), ma non è certo adatta a simboleggiare, come il copione le riserva, una città complessa come Napoli. Il campionario delle donne ne prevede altre brutte o misteriose, ma sempre laccate, incerate, perennemente in posa; oppure (vedi la sosia di Sophia Loren) patetiche come certi clown tragici di un'arte minore.

Vogliamo parlare dei dialoghi? Chi li ha scritti voleva per forza navigare alto, sempre sospeso fra citazioni illustri, frasi da scolpire nel marmo, significativi silenzi, sopracciglia sollevate, ditino indice teso, ammiccamenti sapidi, allusioni (spesso al nulla). Mai una battuta in tono minore, mai una parola normale, un motto men che arguto. No, tutto deve rinviare a qualcosa'altro di superiore, qualcosa di precluso a noi povero pubblico ignorante.

Ci sono poi certi dettagli la cui insistita presenza non si sa bene a che cosa debba alludere (forse appunto a nulla): ad esempio le sigarette sempre accese in bocca, addirittura due in bocca al prelato, o la ricorrente domanda "a che cosa stai pensando?".

Quel che più irrita, tuttavia, è l'imperante banalità, la prevedibilità di quasi tutto. Banale è il prete-macchietta tenutario dell'ampolla di San Gennaro, altra manifestazione di un altrettanto banale ancorché viscerale odio del Sorrentino verso la Chiesa e i suoi ministri, già con ingiustificata insistenza mostrato ne La grande bellezza. Banali e ultra prevedibili altri personaggi, come il burbero ma buon professor Marotta, interpretato da Silvio Orlando, o l'insegnante di recitazione, che ottiene dalla nostra Parthenope un bacio saffico di cui non si sentiva proprio la filmica necessità. Inguardabili, perché rinvianti a frusti cliché, i vecchiacci che sudano, e forse si masturbano, assistendo a un atto sessuale che di erotico non ha veramente nulla, freddo com'è, fra due ragazzotti che, secondo quanto ci dicono, appartengono a famiglie mafiose concorrenti. Metafora proprio non originale, direi.

E banale anche la colonna sonora! Ecco la lista dei brani scelti dal genio di Sorrentino:

  • Era già tutto previsto di Riccardo Cocciante
  • Che cosa c’è di Gino Paoli
  • Bolero di Ravel

Si può immaginare un campionario di ancor minore originalità?

E poi giù melassa, giù palettate di zucchero a coprire il vuoto di ispirazione. Non è con l'eccesso di retorica che si creano dei significati autentici!

Proprio no: la Napoli che noi conosciamo, amiamo, odiamo o temiamo è tutta un'altra città: sfugge alle simbologie insulse e ritrite del Sorrentino, nulla ha a che vedere con quella sciacquetta della Parthenope. E soprattutto, bella o brutta che sia, pacifica o violenta, antica o moderna che ci si presenti, mai risulta noiosa... come invece insopportabilmente lo sono le due ore e diciassette minuti di questo inutile, inguardabile film.

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