giovedì 20 giugno 2024

NON PREOCCUPARTI DELLE PICCOLE COSE (film) di Ellen S. Pressman, USA/Canada 2021

 

“Basato su una storia vera”, ci avvisano puntuali, ma stavolta quasi a giustificarsi, gli autori. E di scuse dovrebbero chiederne tante, visto il pasticcio. Che forse è già nella storia vera, ma nel film trova nuovi motivi di sghignazzo.

Una donna non più giovane (Heather Locklear), nessuna dote propria, ma moglie di un uomo di successo e madre di due ragazze adolescenti, si trova spiazzata per la morte improvvisa del marito. Questi era un uomo affascinante ma integerrimo, marito esemplare (salvo qualche dubbio riguardante la segretaria…), scrittore prolifico, inventore di un blog cliccatissimo che aiutava il prossimo ad affrontare le “piccole cose” della vita prima che diventino pesanti. E aiutava anche la famiglia, visto che l’editore lo remunerava a peso d’oro, consentendo a lui, moglie e figlie una vita a dir poco agiata.

La morte improvvisa fornisce agli autori il destro per sciorinare senza pietà, fra ambientazioni banalissime e dialoghi inascoltabili, tutta una serie di luoghi comuni e tic cinematografici, abbondantemente conditi di politically corret: una delle figlie gioca a calcio, come si conviene a una ragazza moderna (vedi pubblicità televisive, dove ormai tutte le ragazze giocano a calcio e tutti i maschi lavano i panni). L’altra figlia è preda di astratti adolescenziali furori e litiga ad ogni piè sospinto con la madre. La mamma non sa che pesci pigliare, e si rifugia nel consolante rapporto col fantasma del marito. Lui prima di morire, non si sa per quale preveggenza, ha disseminato la casa di lettere alla futura vedova, e da fantasma se la tiene bene stretta; salvo poi sollecitare la donna a “lasciarlo andare”: passaggio, pare, obbligato per risolvere i problemi familiari ed anche quelli imprenditoriali.

L’editore infatti propone alla vedova di assumere il comando dell’iniziativa al posto del marito morto, coprendola di denaro. Lei esita, dubita di essere in grado, ma come in ogni film americano che si rispetti il coraggio prevale. “Posso farcela” è il motto liberatorio di qualsiasi film di sfida, che al pessimismo brutto e cattivo degli antagonisti contrappone la filosofia delle difficoltà da vedersi come “opportunità”: la stessa filosofia di comodo dei people managers nelle multinazionali. E ovviamente nei film, a differenza di quanto avviene nelle multinazionali, le sfide personali vengono sempre vinte! C’è da fare il passaggio televisivo in un talk show, consacrazione raccomandabile anche in era di social media, ma la sera prima la voce le si spegne. Tutto sembra crollare, ma poi la voce le torna grazie a un disgustoso intruglio surrogato-di-caffè, opportuna esemplificazione della filosofia del blog, volta a risolvere con poco le piccole cose.

Finisce che lei capisce le lezioni e diventa durissima con tutti, soprattutto con l’ingombrante e sospetta segretaria (che peraltro poi si converte anche lei al generale volémose bene e al servizio della vedova, qualunque cosa fosse successa col morto). La vedova si impone anche con le figlie ribelli, con le quali poi ha occasione di collaborare in una emergenza climatica (toh, ci mancava!), altra crisi da trasformare in occasione di riscatto. E tutto converge verso l’implacabile palata di melassa, quando la figlia rimasta incinta di un ragazzotto finora mai visto e molto temuto, ma in realtà buono e bravo (mai che si travalichi il confine del socialmente accettabile…), partorisce un grazioso frugoletto da coccolare.

Se questa è la “storia vera”, che Dio ci scampi. Di sicuro i libri della collana, che dovrebbero ammansire piccoli ma preziosi suggerimenti, io non li voglio leggere.